Alessandra Matteuzzi: una donna che poteva essere salvata.

Le riflessioni del nostro responsabile area psicologica Dott. Marco Magliozzi

Un altro efferato femminicidio in Italia: Alessandra Matteuzzi, 56 anni, è stata uccisa a martellate dall’ex compagno Giovanni Padovani, 27enne di Bologna.

Una tragedia che poteva essere evitata e che racconta l’ennesima inefficienza dei servizi di prevenzione.

Ma andiamo con ordine.

I due si erano conosciuti un anno fa e avevano cominciato a frequentarsi. Fin da subito, purtroppo, Giovanni aveva dato chiari segni di squilibrio emotivo, manifestando iper gelosia e iper controllo sulla compagna.

In svariate occasioni, l’uomo avrebbe anche lanciato piatti e bicchieri, urlato contro la donna e addirittura la perseguitava, passando molte ore sotto la sua abitazione.

Ormai esasperata, Alessandra il 29 luglio ha sporto denuncia, denuncia che però non ha mai sortito reali effetti. La procura ha infatti aperto un fascicolo, ma nei confronti dell’uomo non sono mai stati adottati provvedimenti restrittivi. I carabinieri stavano preparando un’informativa per i magistrati, ma aspettavano di completarla interrogando testimoni che erano in ferie.

Un vero e proprio caso di sottovalutazione del pericolo.

Dopo circa un mese, difatti, la tragedia. Alessandra è morta e tutto questo potevamo impedirlo.

Questo dramma racconta il deficit, tutto italiano, inerente ai programmi di prevenzione e di sensibilizzazione sulla violenza.

Secondo i dati aggiornati nel mese di giugno 2022, in Italia sono stati già commessi ben 51 femminicidi.

Molti di questi, probabilmente, avrebbero potuto essere evitati, se si fosse dato ascolto con più attenzione alle voci delle vittime, dei familiari, degli amici, che già da mesi, settimane, giorni, si erano appellati alle forze dell’ordine e ai servizi sociali.

L’assurdità, a nostro parere, è che ci si attivi solo quando sussistano reali violenze fisiche e mai, o quasi mai, quando iniziano a mostrarsi le prime avvisaglie. Non esiste solo una forma di violenza corporea, ma anche psicologica: esiste lo stalking, esistono gli appostamenti, le urla, i rimproveri, la gelosia patologica. Tutte manifestazioni che, nel tempo, possono trasformarsi in qualcosa di tragico, come è avvenuto con Alessandra.

Perché dunque aspettare che ci sia una violenza fisica prima di intervenire? Questa è la domanda che ci poniamo come Associazione.

“Fermiconlemani”, nel suo piccolo, cerca di inviare a gran voce il messaggio di quanto sia necessario fare prevenzione, di quanto sia necessario denunciare, senza attendere neppure un minuto, al primo indizio di violenza. Le persone non cambiano magicamente, non migliorano solo perché lo promettono in ginocchio. Se esiste un malessere profondo, un disagio psicologico ed emotivo, questo va affrontato con dei professionisti, in modo tale che questi papabili autori di violenza possano fin da subito essere aiutati.

Inoltre, e non meno importante, bisogna infondere coraggio a tutte le donne che hanno paura di denunciare e di parlare, per timore di rappresaglie di qualsivoglia genere da parte dei compagni.

Meglio affrontare la paura, che gettarsi tra le braccia della morte.

Crudo a dirsi, ma la realtà è peggiore di quanto la si immagini. Solo con vere iniziative di prevenzione e sensibilizzazione è possibile inviare questi importantissimi messaggi.

L’essere umano, ahimè, è restio a imparare dall’esperienza. Non bastano decine e decine di femminicidi ogni anno per comprendere quanto la soluzione non sia nella punizione degli autori ma nella formazione emotiva ed educativa dei nostri ragazzi, futuri uomini, che possono crescere imparando valori quali il rispetto, l’amore reciproco e puro, la parità dei sessi, una comunicazione sana.

Il lavoro va fatto nelle scuole, nelle famiglie, nei centri di aggregazione e solo per ultimo nelle carceri.

Il nostro saluto va ad Alessandra, ovunque ella sia in questo momento, e a tutte le donne uccise ingiustamente le cui morti potevano essere evitate, con qualche attenzione in più.

Dott. Marco Magliozzi

Psicologo, Psicoterapeuta, esperto in PNL Bioetica

Socio fondatore Fermiconlemani

www.marcomagliozzi.it

Parliamo di VAWG. La violenza virtuale come forma di violenza di genere

In particolare Revenge Porn Pornografia non consensuale– Non Consensual Pornography (NCP).

Interessante approfondimento a cura della presidentessa Avv.ta Tiziana Cecere

La rapida e ampissima dif­fusione dell’uso dei social media, unitamente all’attuale tzunami di violenza nei confronti delle donne e delle ragazze ha fatto proliferare “la VAWG”: la violenza virtuale contro le donne e le ragazze che ha assunto a livello globale dimensioni mastodontiche producendo ripercussioni sia nei confronti delle vittime che nel substrato economico e sociale.

E’ stato rilevato, su scala mondiale, che una donna su dieci abbia già subito una forma di violenza virtuale, sin dall’età di 15 anni, nello spazio pubblico digitale che senza un utilizzo consapevole può divenire  “un luogo pericoloso” .

L’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE) ha condotto una ricerca documentale tesa ad individuare e ad analizzare gli studi esistenti sulle diverse forme di VAWG virtuale nonché a valutare la disponibilità di dati derivanti da indagini sul fenomeno.

Purtroppo, si tarda ancora a concettualizzare e a disciplinare in modo efficace e uniforme nell’Unione Europea (UE) la violenza virtuale contro le donne e le ragazze tanto che anche la ricerca condotta a livello nazionale negli Stati membri dell’UE è limitata. I dati della VAWG nell’UE sono scarsi e, di conseguenza, si sa molto poco sulla reale percentuale di vittime di violenza virtuale contro le donne e le ragazze e sulla portata dei danni poichè nella maggior parte degli Stati membri le forme di VAWG virtuale non sono considerate reato. I dati della polizia e della giustizia penale sul fenomeno sono irrisori e pur se negli Stati membri in cui le forme di VAWG virtuale costituiscono un reato, i dati raccolti mancano di organizzazione per sesso della vittima e autore del reato e del rapporto fra loro.

E’ interessante riportare i dati di un’indagine che ha coinvolto più di 9 000 utenti di Internet, di nazionalità tedesca, di età compresa tra 10 e 50 anni, da cui e’ emerso che le donne erano notevolmente più suscettibili e pativano situazioni piu’ traumatiche rispetto agli uomini nell’ essere vittime di molestie sessuali online e di comportamenti persecutori perpetrati attraverso mezzi informatici (cyber­stalking).

Questo risultato è corroborato da un’indagine del 2014 condotta dal Pew Research Center negli Stati Uniti (le donne -in particolare le giovani della fascia di età di 18-24 anni) subiscono in misura sproporzionata diversi tipi di molestie virtuali, in particolare cyberstalking e molestie sessuali online.

Gli esperti del team di Fermiconlemani, da diversi anni, con numerosi eventi informativi e formativi nelle scuole, e in diretta sulla pagina Facebook, e su spreaker podcast studio, mettono in guardia i giovani sui rischi di con­cettualizzazione della VAWG virtuale come fenomeno com­pletamente separato dalla violenza «del mondo reale», perche’ in realtà rappresenta più propriamente un continuum rispetto alla violenza off line.

Ad esempio, il cyberstalking perpetrato da un partner o un ex partner segue gli stessi modelli dello stalking off line ed è quindi una violenza perpetrata da un offender, facilitata dalla tecnologia, quale preludio spesso ad azioni criminali violente di persona.

Tale “continuita’ “ e’ stata confermata da uno studio britannico sul cyberstalking da cui e’ emerso che oltre la metà (54 %) dei casi di violenza on line era correlata a un primo incontro in una situazione reale.

Inoltre, i dati dell’indagine della FRA del 2014 mostrano che il 77 % delle donne che hanno subito molestie online hanno subito almeno una forma di violenza sessuale e/o fisica da un partner intimo, e 7 donne su 10 (70 %) che hanno subito cyberstalking  sono anche state vittima di almeno una forma di violenza fisica e/o sessuale perpetrata da un offender conosciuto o ex partner.

Le forme di violenza virtuale contro le donne e le ragazze sono numerose ed e’ importante parlarne per conoscerle e poter mettere in atto tutte le azioni necessarie per prevenirle e per tutelare i propri diritti nel caso si assuma spiacevolmente la veste di vittime.

Il cyberstalking, pornografia non consensuale (o «pornografia della vendetta» o “revenge porn”), offese e molestie basate sul genere, stigmatizzazione a sfondo sessuale, pornografia indesiderata, estorsione sessuale, stupro e minacce di morte, ricerca e pubblicazione online di informazioni personali e private (doxing), e traffico di esseri umani perpetrato per via elettronica.

Non devono essere sottovalutate le varie forme di manifestazione e conseguenze della violenza nel cyberspazio, rispetto a quella off line, fra cui violenza sessuale, psicologica e violenza eco­nomica, in cui l’attuale o futura occupazione lavorativa della vittima è compromessa da informazioni pubblicate online.

Ci soffermiamo su una forma di violenza che finalmente in Italia dal 2019 e’ stata tipizzata in un reato: Revenge Porn Pornografia non consensuale – Non Consensual Pornography (NCP).

Tale forma di  VAWG e’ conosciuta con il termine di revenge porn o sfruttamento online o «por­nografia della vendetta», la pornografia non consensuale comporta la distribuzione online di fotografie o di video di sesso senza il consenso della persona ripresa.

La dinamica del revenge porn e’ piu’ diffuso di quanto possiamo immaginare.

Nel 2017, un’analisi del C.C.R.I. (Cyber Civil Rights Initiative) ha documentato che tra gli utenti di social media statunitensi uno su otto è stato vittima di revenge porn, prendendo in esame 3.044 individui.

L’8% è risultato vittima della pubblicazione non consensuale di materiali pornografici, denominata in breve “NCP”. E circa il 5,2% dei partecipanti ha ammesso di aver perpetrato la NCP. Inoltre, dallo studio è emerso che le donne hanno 1,7 volte più probabilità di essere vittime di NCP rispetto agli uomini.

Nel 2016, uno studio del “Data & Society Research Institute” ha rilevato che circa 10 milioni di americani sono stati vittime di NCP o sono stati minacciati di tale reato.

L’esecutore è spesso un ex partner che ottiene le immagini o i video nel corso di una precedente relazione, e mira a infamare e umiliare pubblicamente la vittima quale vendetta e ritorsione per la fine della relazione.

Comunque sia, gli offenders possono anche non essere partner o ex partner ma la motivazione alla base dei comportamenti criminali di questo reato e’ sempre la vendetta.

In alcuni casi, la persona offesa (uomo o donna) è vittima di violenza sessuale, spesso facilitata dalla droga da stupro che provoca, tra l’altro, ridotto senso del dolore, coinvolgimento nel disvoluto atto sessuale, effetti dissociativi e amnesia. Queste azioni criminali, ci duole riferirlo, sono diffuse anche tra i minori come la diffusa pratica del sexting, ovvero dell’invio di immagini intime come pratica di coppia: sovente tali immagini vengono diffuse a soggetti esterni alla coppia (il c.d. sexting secondario) andando a determinare situazioni dannose alle vittime analoghe a quelle prodotte dal revenge porn.

Le immagini possono essere ottenute anche memorizzando e utilizzando le foto dai profili dei social media o dal cellulare della vittima, e possono mirare a infliggere un danno nella vita «del mondo reale» delle persone offese (ad esempio facendoli licenziare dal lavoro).

Negli ultimi anni sono stati pubblicizzati diversi casi di donne vittime di vendetta pornografica non solo negli Stati membri dell’UE e negli Stati Uniti d’America, ma anche in Italia, le cui conseguenze sono state il suicidio delle vittime.

Infatti, solo in seguito al suicidio di Tiziana Cantone, nel nostro Paese, fu presentato un disegno di legge che mirava a introdurre l’art. 612-ter nel codice penale , “concernente il reato di diffusione di immagini e video sessualmente espliciti”.

Assistiamo ad un aumento di siti Internet dedicati alla condivisione della pornografia della vendetta, tramite cui gli utenti possono pubblicare immagini e informazioni personali quali indirizzo, datore di lavoro e collegamenti ai profili online della vittima.

L’utilizzo incontrollato dei social media ha prodotto anche un’orribile tendenza, quella della trasmissione dal vivo di atti di aggressione sessuale e stupro attraverso i social media tanto e’ vero che, nel 2017, purtroppo vi sono già stati due casi di grande risonanza pubblica, uno in Svezia e l’altro negli Stati Uniti d’America, di vittime il cui stupro è stato trasmesso in diretta online usando la funzione di Facebook.

Emerge la necessita’ di campagne di sensibilizzazione assidue e coinvolgenti per rendere le donne e le ragazze sempre piu’ consapevoli dei rischi del cyberspazio, informandole sui loro diritti e su tutti i servizi disponibili per contrastare o superare un coinvolgimento in VAWG.

In pochissimi paesi nel mondo quali Italia, Australia, Canada, Filippine, Giappone, Israele, Malta, Regno Uniti e alcuni stati degli U.S.A. esiste attualmente una legislazione specifica.

In Italia sono stati fatti dei grandi passi introducendo la fattispecie del revenge porn, l’articolo 612 ter del codice penale rubricato “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti” con l’entrata in vigore del “codice rosso” il 9.8.2019, ma certamente c’e’ molta strada da percorrere in merito alla prevenzione tra le più giovani.A livello europeo sarebbe determinante migliorare i dati disaggregati sulla diffusione e sui danni della violenza virtuale contro le donne e le ragazze, per poter sviluppare indicatori e per misurare l’efficacia degli interventi cosi’ da mettere in atto azioni condivise negli Stati Membri contro le numerose forme di criminalità virtuale basate sul genere in particolare l’adescamento o «reclutamento» online di donne e ragazze in situazioni dannose come il traffico di esseri umani.

“Il modo più sicuro per evitare che foto intime siano diffuse online è non scattarle”

IL REVENGE PORN E’ UN REATO

Avv. Tiziana Cecere

Criminologa

Coach e Conselour Bioetica

Master in PNL Bioetica

Esperta in Crimini Violenti, Violenza on line e off line, Dinamiche Settarie, Satanismo

Ideatrice del Metodo “Rinascere Danzando” e del Progetto “Cassetta Help”

Consulente di parte per:

supporto in indagini difensive, ricostruzione criminodinamica degli eventi, preparazione interrogatori,

analisi della testimonianza, ricostruzione del fatto criminoso.

Presidente dell’A.P.S.-E.T.S. Fermiconlemani

CONFERENZA

UOMINI A DIFESA DELLE DONNE: SPORT TRA PREVENZIONE E SICUREZZA DELLE ATLETE

27 MAGGIO 2021 DALLE ORE 18:00

IN DIRETTA STREAMING E SU DIGITALE TERRESTRE

MEDITERRANEA TV 

CANALI 214 E 698 PUGLIA E 623 BASILICATA  E  PIATTAFORMA MONDIALE NCG TELEVISION

Il mondo dello sport fornisce attivamente supporto alle iniziative di prevenzione della violenza nello sport sia a livello nazionale che internazionale.

La questione della sicurezza nello sport, in particolare nei confronti delle donne atlete è un problema estremamente sentito nell’ultimo decennio che resta di attualità anche alla luce di recenti casi di discriminazione, violenza e razzismo.

Fermiconlemani intende analizzare il fenomeno anche alla luce delle nuove partnership sottoscritte con diverse associazioni sportive perche’ la cooperazione e l’azione sono le vere e prime forme di prevenzione.

C’e’ da dire che la donnanello sport è stata vista, per molto tempo come “un pesce fuor d’acqua” poiche’ inizialmente si e’ dovuta confrontare con l’indiscussa leadership maschile e poiche’ per stereotipi di genere l’immagine della donna doveva ricalcare quella della “chioccia” dedita alla famiglia.

Fortunatamente si e’ avviata un’evoluzione positiva di riconoscimento del ruolo e alle Olimpiadi di Londra del 2012 c’e’ stata la rappresentanza, per la prima volta nella storia, di un numero uguale di sport per le donne e per gli uomini.

Eppure le atlete nonostante i miglioramenti nell’uguaglianza di genere devono affrontano ancora numerosi ostacoli legati spesso alle molestie sessuali e alla violenza.

Insieme a referenti di note associazioni sportive nonche’ di professionisti esperti del settore analizzeremo, durante l’incontro introdotto e moderato dal Presidente di Fermiconlemani Avv. Tiziana Cecere, IN DIRETTA STREAMING E SU DIGITALE TERRESTRE MEDITERRANEA TV  ,CANALI 214 E 698 PUGLIA E 623 BASILICATA  E  PIATTAFORMA MONDIALE NCG TELEVISION, i seguenti temi: le cause della violenza sulle donne in ambito sportivo, il supporto necessario degli uomini nelle attivita’ a difesa delle donne e nei progetti di prevenzione, l’importanza di avvicinare e impegnare i piu’ giovani allo sport inteso come un ambiente identificato “sano” per principio ove e’ possibile seminare germogli di legalita’ e rispetto per il gruppo di pari.

Gli esperti ospiti evidenzieranno le riforme e le disposizioni normative in materia di leadership femminile nello sport e di uguaglianza di genere nelle diverse discipline sportive in particolare nel Krav Maga e nella Pallavolo per lanciare un messaggio positivo di costruzione fortificando il mondo dello sport quale “amico” delle donne nel quale gli uomini collaborano per la difesa dei diritti delle atlete.

Il team work di Fermiconlemani e’ onorato per le adesioni e ringrazia la Federazione Nazionale e del distretto Puglia di Krav Maga , l’Associazione Amatori Volley Bari, l’Associazione Italiana Pallavolisti e gli illustri relatori : Avvocata Manuela Magistro, esperta in diritto sportivo, Direttore Sportivo Amatori Volley Bari, la Dott.ssa Alessia Lanzini, Vice Presidente Associazione Italiana Pallavolisti, Dott Domenico Taddei, Responsabile Nazionale e Docente Federazione FIKM, Dott. Francesco Numo, Dirigente Nazionale FIKM , criminologo esperto in psichiatria forense, Dott. Domenico De Giglio, Responsabile Sviluppo e Promozione FIKM

Avv. Tiziana I. CECERE Presidente di Fermiconlemani,

criminologa esperta in crimini violenti ed interventi di progettualita’ sociale

“CHILD MOLESTER “Scopriamo insieme chi sia e quali siano le conseguenze traumatiche dopo un abuso sessuale su un minore.

Il “child molester”, dall’inglese “colui che abusa di bambini”, è un individuo che agisce abuso sessuale nei confronti di soggetti minori.

In questa categoria rientra quindi: il coinvolgimento dei bambini in attività sessuali – anche semplicemente chiedendole o facendo pressioni di questo genere –, l’esposizione indecente dei genitali, lo sfruttamento sessuale dei minori e l’utilizzo del bambino per produrre materiale pornografico.

Secondo la letteratura, gli abusi sui minori possono verificarsi in diversi contesti, nello specifico quelli in cui la presenza dei bambini è abitudine, ad esempio le scuole o le abitazioni private.

Molti, e gravi, sono gli effetti psicologici nella mente delle vittime, che possono includere depressione, disturbo post-traumatico da stress, ansia, bassa autostima, autolesionismo, propensione alla vittimizzazione in età adulta o alle dipendenze (es. alcolismo o uso di droghe), senza considerare anche le lesioni di natura fisica. Uno studio finanziato dal National Institute of Drug Abuse degli Stati Uniti, ha rilevato che “tra più di 1.400 donne adulte, l’abuso sessuale infantile era associato a una maggiore probabilità di tossicodipendenza, dipendenza da alcol e disturbi psichiatrici”. Molti bambini possono mostrare anche comportamenti regressivi, ad esempio succhiare il pollice o fare pipì a letto. Se consideriamo le forme d’incesto, quindi se l’abusante è un membro della stessa famiglia, i traumi psicologici possono considerarsi ancora più gravi e a lungo termine.

Infatti, secondo le ricerche, il 30% dei child molester sono parenti delle vittime, il più delle volte fratelli, padri, zii o cugini. Circa il 60% sono conoscenti (es. babysitter o vicini di casa) e solo il 10% sono estranei. Sempre analizzando gli studi, la maggior parte degli abusi sessuali sui minori è commessa da uomini, mentre una piccola parte (14%) da donne.

Inoltre, menzione d’obbligo va fatta sui matrimoni precoci: secondo l’UNICEF, il matrimonio precoce rappresenterebbe infatti “la forma più diffusa di abuso sessuale e sfruttamento delle ragazze“.

Nel parlato comune, il termine “pedofilo” viene comunemente associato a questo tipo di abusi ma in maniera errata. I crimini sessuali su minori non rientrano infatti nella pedofilia, a meno che il reo non abbia uno specifico e parafilico interesse sessuale per i bambini in età prepuberale.

Holmes&Holmes (2002) suddividono così gli autori di reato:

  • Situazionale: non preferisce i bambini, ma agisce l’abuso solo a determinate condizioni;
  • Regressivo: in genere ha relazioni con gli adulti, ma un fattore di stress lo induce a cercare i bambini come sostituti;
  • Moralmente indiscriminato: deviante sessuale a tutto tondo, che può commettere altri reati sessuali estranei ai bambini;
  • Ingenuo/inadeguato: spesso caratterizzato da patologie mentali che gli provocano disabilità, percepisce i bambini meno minacciosi e quindi più adatti a esperienze sessuali;
  • Preferenziale: ha un vero interesse sessuale nei bambini:
  • Sadico: reo violento;
  • Fissato: ha poca o nessuna attività sessuale con individui della propria età, descritto come un “bambino troppo cresciuto“.

Da un punto di vista psicoterapeutico, è assolutamente necessario agire immediatamente sulle vittime, subito dopo l’abuso subito.

Il bambino/bambina ha subitaneamente bisogno di essere preso in carico, iniziando un trattamento terapeutico per rielaborare il trauma. Il rischio maggiore, infatti, è che i sintomi psicologici possano acuirsi e durare nel tempo soprattutto se, nella peggiore delle situazioni, le persone con le quali si confida (es. un parente) negano il problema o incolpano addirittura il bambino dell’accaduto.

La prevenzione, inoltre, ricopre un ruolo fondamentale: attività nelle scuole, nei centri d’ascolto, nelle famiglie, sono fondamentali per diffondere informazione e formazione, in primis ai genitori, ma anche agli insegnanti e agli addetti ai lavori (psicologi, medici, personale sanitario, membri delle forze dell’ordine).

È ormai caduta l’antica convinzione che ai bambini non si possa parlare di sesso: è invece necessario, utilizzando i giusti modi e le giuste modalità comunicative, diffondere una sana informazione, così da aiutarli anche a distinguere i pericoli nel loro ambiente, familiare o scolastico, e approcciarsi, nel futuro, alla loro vita sessuale nel migliore dei modi.

Ai genitori, invece, è assolutamente rivolto il prezioso messaggio di avere il coraggio di denunciare, anche i parenti o gli amici più stretti, senza negare o sminuire il problema. Il benessere del proprio figlio è sicuramente più importante del “giudizio esterno” o di qualsiasi altro limite autoimposto dalla famiglia.

Dr. Marco Magliozzi, psicologo, psicoterapeuta, criminologo,

Fondatore e Responsabile Area Psicologica di Fermiconlemani