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COME VESTIRSI BENE SPENDENDO POCO

Ce lo spiega passo passo la nostra responsabile progetto “Benessere ed Empowerment”, esperta di moda e personal shopper Ottavia Ditroia

Oggi affronteremo insieme la domanda: E’ possibile vestirsi bene con un budget limitato oppure è necessario spendere molti soldi per costruire un guardaroba e uno stile di classe?

In effetti non è assolutamente necessario svaligiare una banca per essere sempre vestite con capi di qualità, di ottima fattura e che ci calzano a pennello!

In generale possiamo infatti dire che gli ingredienti fondamentali sono: innanzitutto una buona dose di buon gusto; una bella manciata di ispirazione sempre viva e attenta che ci permette di mantenere  “fresco” e moderno il nostro armadio e soprattutto tanta attenzione, non solo nei confronti del nostro guardaroba, ma di noi stesse, della nostra immagine in generale e di conseguenza del nostro benessere.

E allora, siete pronte a fare un meraviglioso viaggio nel mondo del vostro armadio con me?

Cominciamo!

Ecco i trucchetti dell’esperta:

FITTING: ovvero la vestibilità di ciò che indossiamo e la aderenza alla nostra body shape. Ciò richiede ovviamente la conoscenza della forma del nostro corpo e, di conseguenza, delle parti di esso che vogliamo valorizzare per far scomparire quelle zone di noi che non ci fanno impazzire o che ci rendono insicure. Impariamo quindi a valorizzare i nostri punti di forza piuttosto che pensare solo a quelli di debolezza!

COLORI: ormai faccio con molta passione questo lavoro da quasi 10 anni, ma mi sorprende sempre la non curanza con cui ci si accosta ai colori da indossare, prediligendo per esempio sempre il nero, in ogni stagione, in ogni momento della giornata e per ogni occasione d’uso, perché il nero è un “colore rifugio” e si pensa, ERRONEAMENTE, che sia un salva vita. Invece non è proprio così, o almeno non sempre. Fare un’analisi di armocromia e scoprire i COLORI, la loro bellezza, freschezza e il potere che hanno non solo sul nostro umore ma anche e soprattutto sul nostro aspetto fisico, è sempre un momento emozionante. E’ l’istante in cui si comprende che indossare i colori giusti può davvero cambiare la percezione che si ha di sé; è un momento davvero rivoluzionario che migliora notevolmente la vita e accresce la sicurezza nel momento degli acquisti, perché si sa’ esattamente cosa acquistare. Ciò comporta, ovviamente, anche un enorme risparmio economico (non un particolare da sottovalutare) dato che non si faranno più acquisti sbagliati.

ELIMINARE IL SUPERFLUO: la mia cara Coco Chanel diceva: “Quando esci di casa, guardati allo specchio e togliti qualcosa”. Ecco, si tratta di ricercare volutamente la SEMPLICITA’ nel nostro look, perché la semplicità è sempre sinonimo di eleganza. La nostra persona non può brillare se il nostro outfit è composto di troppi elementi, di troppe decorazioni, di troppi colori, di troppi gioielli, che distraggono l’attenzione da noi. Attenzione: semplice non vuol dire banale!

IL VINTAGE: la borsa della mamma o della nonna a cui siamo particolarmente legate, oppure un bel foulard colorato o un gioiello importante sono il FOCAL POINT di un outfit semplice, ovvero ciò che porta tutto il nostro look da 0 a 100 in un attimo. E allora, rispolveriamoli questi oggetti vintage che, sono sicura, restano nei nostri cassetti a fare polvere! Avremo raggiunto due obiettivi: dare loro un nuovo significato e valorizzare enormemente anche il più semplice degli outfit. Attenzione! Il capo/accessorio vintage deve essere solo uno e deve rientrare all’interno di un outfit moderno e contemporaneo……per evitare l’effetto nostalgia!

LA REGOLA DEL 3: cioè aggiungere un terzo pezzo, caratteristico della nostra personalità, ad un outfit basico. Faccio un esempio: immaginate un outfit composto da pantalone nero e camicia bianca. Questo è un basico eccellente, una tela grezza su cui dipingere il nostro modo di essere. Io, per esempio, inserirei un bel blazer bianco o colorato, corredando il tutto con un foulard fantasia, ma immaginate come lo stesso outfit potrebbe cambiare se una donna più rock aggiungesse un chiodo nero o nocciola o anche colorato; un’altra donna invece, potrebbe abbinare un bel trench oversize o al contrario dalle linee classiche……. E potremmo andare avanti all’infinito. Forza, sfoderate la vostra personalità e lo vostra fantasia aggiungendo un terzo pezzo ad un outfit basico e vedrete che differenza, ma soprattutto……..che divertimento!

Ottavia Ditroia

Strage di Altavilla, l’ombra del satanismo torna a tingere di nero la cronaca italiana.

La parola agli esperti…

Una setta di fanatici che hanno usato la religione per avallare il suo delirio omicida. Un gruppetto di invasati che, abusando del nome di Dio, praticavano esorcismi su coloro che ritenevano posseduti dal demonio, supplizi e torture, fino alla morte, per chi non soggiaceva al loro giudizio incrollabile. Intorno alla strage di Altavilla Milicia (Palermo) ruota un mondo di “soldati di Dio” (così si definivano) che trasforma la fede in ossessione, fino a uno svuotamento emotivo della realtà.

Il muratore Giovanni Barreca che ha ucciso la moglie Antonella Salamone, 40 anni (li avrebbe compiuti ieri) e due dei suoi tre figli, Kevin di 16 anni ed Emanuel di 5, si è mosso seguendo il copione di un film horror con la regia di due “fratelli di fede”, una coppia, complice – a sentire i pm – nella strage e accusata di concorso in omicidio e occultamento di cadavere. I loro nomi sono Massimo Carandente, originario del Napoletano, e la compagna Sabrina Fina, palermitana.

Ufficialmente erano promoter di tisane e pasticche per la cura del corpo, in realtà entrambi ossessionati da un culto che governava in modo totalizzante le loro vite. Sarebbero stati loro a ispirare Barreca che avevano conosciuto durante un incontro di preghiera. Soprattutto Carandente avrebbe istigato e plagiato il padre-killer, convincendolo che i figli maschi e la moglie erano invasati: “Non trovi lavoro – dicevano al muratore disoccupato – perché loro sono posseduti dal demonio”. Al culmine del delirio, venerdì scorso, Barreca afferra una catena e strangola i due figli, risparmiando la primogenita di 17 anni. Una settimana prima, aveva ucciso la moglie Antonella, di 14 anni più giovane, facendola a pezzi, bruciandone il corpo e seppellendolo nella campagna dietro casa. Una strage messa in atto, probabilmente, con la complicità della coppia. Quando viene portato in caserma dai carabinieri, Barreca ripete ai militari: “C’era il demonio in casa”.

Sullo sfondo della tragedia emerge una quarta figura, quella di Roberto Amatulli, ex parrucchiere di Bari che si autoproclama “ministro di Cristo Gesù ripieno dello Spirito Santo” e diffonde in rete i video delle sue presunte guarigioni. Lo sciamano barese era diventato un faro di Barreca, a lui si ispirava nei suoi deliri, a quel santone che cianciava di miracoli, facendo proseliti in mezza Italia e con malati che interrompevano le cure credendo alle sue parole.

Fatti inquietanti che vogliamo cercare di comprendere in profondità con l’aiuto di due figure competenti: l’Avvocata Tiziana Cecere e il Prof. Pierfrancesco Impedovo, rispettivamente presidentessa e vice della nostra associazione. Avvocata Cecere, proprio un anno fa usciva il Suo saggio “Il diavolo che agisce sulle nostre vite”, edito da Calibano, un viaggio nell’inquietante mondo delle sette sataniche e del satanismo, fenomeni che molti autorevoli studiosi del settore considerano pressapoco estinti nel nostro paese, almeno dopo le note gesta delle “Bestie di Satana”; i fatti che ci occupano sembrano aver tutto d’un tratto riacceso i riflettori su questo mondo apparentemente sommerso, qual è la Sua opinione? “Come criminologa e sulla base degli approfondimenti svolti in occasione della stesura del mio saggio, ritengo che i culti settari e il satanismo siano tutt’altro che sopiti nel nostro paese, come in tutto il resto del mondo; tuttavia si tratta nella maggior parte dei casi di organizzazioni che agiscono nell’ombra e che molto raramente danno luogo ad episodi di cosiddetto “Satanismo criminoso”, ossia delitti commessi    nel contesto di un rituale satanico. Nel caso di Altavilla, la correlazione con il satanismo criminoso va valutata con estrema attenzione, tanto più che i gruppi pentecostali che frequentava il presunto autore della strage hanno un grande timore del diavolo. È assai più probabile che il presunto assassino abbia trovato nelle sue recenti frequentazioni, che fanno comunque pensare ad un contesto manipolatorio di matrice fanatica e pseudoreligiosa, argomenti per incanalare i propri disagi. Le persone fragili possono cadere facile preda di suggestioni del genere, come potrebbe essere avvenuto ad Altavilla”. Prof. Impedovo, è emersa al parola “fragilità”, che ruolo può aver avuto la suggestionabilità di Altavilla nell’azione delittuosa? “Nelle indagini è emersa un’altra figura, non di poco conto, quella di Roberto Amatulli, un predicatore evangelico pentecostale, sedicente guaritore che avrebbe ‘ispirato’ negli ultimi mesi le ossessioni di Barreca. Questo figuro, che si proclama ‘guaritore’, è uno dei tanti predicatori ‘auto nominati’; mi consta che facesse il parrucchiere prima di aver sentito la chiama del Signore e di aver ricevuto il ‘dono’ di produrre presunte guarigioni chiedendo offerte di vario tipo.  Certamente la fragilità di Barreca è la chiave di lettura di questo come di tutti i delitti agiti o subiti che hanno come causa originaria il ‘plagio’ di spiriti deboli che possano poi produrre comportamenti imprevedibili in conseguenza di certe suggestioni. Come giurista e criminologo mi onoro di aver curato la parte giuridica del saggio della presidentessa Cecere, laddove ho posto l’accento su come, dopo l’estromissione dal nostro ordinamento del reato di plagio avvenuta ad opera della Consulta nel 1981, ad oggi non vi sia una norma che tuteli le vittime di abusi psicologici. Episodi come questo testimoniano l’assoluta indifferibilità di una nuova ed aggiornata fattispecie normativa che combatta quella che è divenuta una vera e propria ‘piaga del nostro tempo’. Questa è la ragione per la quale con Fermiconlemani ci stiamo facendo promotori, a diversi livelli, di tavoli tecnici che possano ispirare e stimolare il legislatore a dare risposte concrete in tempi ragionevoli”. Avvocata Cecere, più nello specifico, qual è la sua ricetta per arginare i fenomeni di manipolazione mentale che abbiamo compreso essere alla base di episodi come quello di Altavilla? “Fermiconlemani promuove sul territorio nazionale non solo l’espandersi di una rete di professionisti per il supporto e l’aiuto nei confronti delle vittime di violenza (in ogni sua forma), ma sente fortemente intrinseca alla sua missione la necessità di operare nell’ambito della prevenzione a livello sociale di comportamenti e atteggiamenti volti a ledere il prossimo.  La prevenzione si fa anche attraverso la divulgazione di materiale di ricerca e studio che possa informare la collettività riguardo i rischi di inciampare in dinamiche di manipolazione psicologica, brain washing e via dicendo. Le vittime spesso si ritrovano a subire o, come in questo caso, a porre in essere condotte gravissime con esiti fatali o comunque tali da procurare danni psicologici, morali, biologici ed economici non indifferenti; il tutto senza adeguata tutela giuridica, stante il vuoto legislativo susseguente allabolizione del delitto di plagio. Il mio saggio Il diavolo che agisce sulle nostre vite”, vuole essere appunto uno strumento in più per mettere in guardia l’opinione pubblica dal pericolo invisibile delle sette e delle psicosette che, come ci dimostrano le cronache di questi giorni, miete sempre più vittime, soprattutto fra i più giovani, anche per la facilità con cui possono essere avvicinati nel mondo virtuale”.

 PILLOLE DI COACHING PNL BIOETICA 

ASCOLTA TE STESSO CON CLEMENZA E INTERESSA IMPARERAI A CONOSCERTI

                 DATTI IL PERMESSO DI PERDERE IL CONTROLLO E PERDONATI 

Se hai il controllo come dinamica assidua nella tua vita e l’hai perso per una volta, accogli l’insegnamento che la vita vuole darti, evidentemente devi ancora imparare a non giudicare gli altri, ne te stesso e considere te e gli altri come umani con il proprio bagaglio di fragilità.

Se impari questa lezione il momento di stress ti farà evolvere verso un livello di crescita da uno stadio spirituale infantile a qualcosa di più adulto, dovremmo perdere del tutto la tendenza a ferire, e lasciarci trascinare dalle correnti subconsce dalla pubblica opinione. 

Lo stress è una risposta di adattamento a una situazione. Nel momento in cui percepisci che le tue abilità potrebbero essere messe a dura prova da una nuova sfida, allora l’organismo inizia a reagire.

Il rilascio costante di cortisolo mette il corpo in stato di continua allerta. Il rilascio di adrenalina causa lo stato di combatti e fuggi e il tuo equilibrio potrebbe essere spezzato. 

Ciò che avete dentro lo rifletterete all’esterno. Ciò che vi disturba e vi fa adirare all’esterno lo avete dentro di voi. Ciò che vi infastidisce vi insidierà a vita finchè non smettete di giudicarlo ‘male’. Ciò che più odiate lo avrete sempre intorno. 

Milton H. Erickson, per alcuni il padre dell’ipnosi moderna, diceva che “i pazienti sono pazienti perché non sono in rapporto con il loro inconscio”.

Quindi ogni tuo problema personale è scaturito dal tuo non essere in rapporto con il tuo inconscio.

Il primo step in un percorso di crescita personale è impara a “conoscere te stesso”. Discrimina i tuoi desideri. Renditi cosciente da quali direzioni e in che modo arrivano questi messaggi del tuo inconscio.

Ascolto e incontro numerosissime persone molte delle quali desiderano cambiare lavoro, cambiare vita, relazione amorosa e individuare la propria missione dell’anima ma in realtà vivono sotto l’incantesimo di una ribellione interiore, grandiosa e capricciosa che mal si adatta a regole, doveri e monotonia.

Al fine di agganciare lo stato desiderato all’obiettivo ben formato nella realta’ del qui ed ora ascoltiamoci , ascoltiamo con clemenza e interesse le nostre voci interiori, i nostri bisogni e i nostri desideri valutando il nostro effettivo potenziale e potere intesi quali capacita’ di saper fare, di evolvere  come una sorta di meta-energia come un distillato di esperienza di vita, umiltà, amore e se cerchiamo un supporto la via del coaching diventerebbe uno strumento utile e speciale.

Carl Jung, sosteneva che la felicità non può essere raggiunta cercandola al di fuori del proprio spazio interiore poichè “Guardare fuori” e’ la caratteristica del sognatore, invece chi vive per davvero, è colui che si guarda dentro.

Pensateci!

Tu, donna, se vuoi approfondire questi ed altri contenuti teorici e pratici che ti aiutino a connetterti con il tuo ‘sé’ più autentico e a migliorare il modo di relazionarti con il tuo mondo emotivo, non perdere il workshop del prossimo 19 febbraio organizzato da Fermiconlemani “La primavera è donna”. Un percorso che ha come obbiettivo il prendere consapevolezza dell’enorme tavolozza di colori che ogni donna possiede, per poter suonare la melodia della propria anima, gustando il sapore delle potenzialità uniche e speciali di sé.

Tiziana Cecere 

Presidente di Fermiconlemani, Counselor e Coach Bioetica, Criminologa, grafologa forense.

SEX CRIMES: FENOMENO IN COSTANTE CRESCITA

Quale percorso per i SEX OFFENDERS: carcere a vita, castrazione chimica o riabilitazione?

Non tutti quelli che commettono reati di violenza sessuale hanno problemi psichiatrici. Però tutti hanno una patologia delle relazioni, di solito hanno avuto una infanzia non protetta: trascuratezza, episodi di violenza anche solo fisica, poca protezione dal mondo adulto. 

L’unico rapporto con l’altro che hanno conosciuto nella loro esistenza è quello predatorio, di sopraffazione, con bisogni molto primitivi che non hanno imparato a soddisfare nella maniera giusta.

La negazione è il tratto caratteristico che accomuna tutti i sex-offenders, un aspetto molto nototra gli studiosi, e la ricerca in questo campo cerca di capire se sia consapevole o meno, se investa tutta la personalità o solo certi aspetti.

Queste personalità sovente sono perfettamente dissociate: la negazione stessa è un sintomo della dissociazione che rende possibile avere, nella sostanza, due vite parallele. Per quanto sia difficile anche solo da immaginare, chi commette un abuso sessuale può essere al contempo una persona che in altre sfere della sua vita è funzionale. 

Non esiste uno standard condiviso che permetta di categorizzare la personalità del sex offender tramite dei criteri diagnostici ben definiti.

L’istituzione penitenziaria in questi ultimi anni ha provveduto a differenziare i detenuti secondo particolari “caratteristiche”: appartenenti alla criminalità organizzata, tossicodipendenti, collaboratori di giustizia. Altre volte, tale differenziazione viene consigliata da criteri “giuridico – morali”, è questo il caso dei c.d.“delatori”, degli “infetti” o di quanti vivono in una situazione di disagio psichico. Il gradino “più basso” di qualsiasi graduatoria delle tipologie, formali o informali, vede i violentatori, gli sfruttatori, “i mangiabambini” e quanti hanno abusato di minori o di donne. 

In una situazione di sovraffollamento quale quella attuale, risulta estremamente difficoltoso per l’Amministrazione assicurare la migliore gestione di soggetti con “caratteristiche particolari” che risultano essere invisi alla stragrande maggioranza della popolazione detenuta, la quale ha “rispetto” in ambito penitenziario anche per il pluriomicida ma non per colui che ha commesso “reati infamanti”.

In Italia le buone prassi di successo sono solo nelle carceri di Milano Bollate e a Roma Rebibbia: su 250 detenuti che hanno commesso reati sessuali solo 7 sono stati i casi di recidiva, una volta scontata la pena. La media internazionali delle recidive è del 17% ma potrebbe almeno dimezzarsi se tutti gli istituti penali attuassero i programmi di trattamento specifici per “sex offenders”. 

Oggi si utilizza molto il modello «Good lives model». Il metodo sperimentato con successo nell’Istituto Penitenziario di Bollate è di impronta cognitivo-comportamentale e proviene dalla tradizione canadese e statunitense. 

Tende a considerare chi ha commesso il reato come una persona che non ha gli strumenti né la volontà di soddisfare i suoi bisogni in una maniera pro-sociale”. Il trattamento è prevalentemente di gruppo, con incontri individuali.

In Louisiana sono gli stessi rei che, scarcerati, devono comunicare per posta la propria condanna al proprietario di casa, ai vicini, ai responsabili della scuola e dei parchi del quartiere, e devono render noto il loro indirizzo pubblicandolo su un quotidiano locale. Altre forme di notifica autorizzate: volantini, autoadesivi sul paraurti del veicolo appartenente al condannato, distintivo sugli indumenti. In California il registro dei condannati può essere consultato tramite un numero verde, o un cd-rom disponibile presso i commissariati, le biblioteche o le fiere delle contee. 

Secondo l’esempio dei pastori Mennoniti canadesi che a metà degli anni Novanta fondarono i «Circoli di Sostegno e Responsabilità», i detenuti considerati a rischio di recidiva, una volta scontata la pena, sottoscrivono un contratto della durata di un anno con tre volontari preparati dal C.I.P.M. Questo gruppetto si incontra settimanalmente in un luogo pubblico per chiacchierare di qualunque cosa, aiutando l’ex-carcerato a reinserirsi nella società.

Ogni individuo può essere fautore del cambiamento sociale.Segui sempre le 3 “R”:

Rispetto per te stesso, Rispetto per gli altri, Responsabilità per le tue azioni”

(Dalai Lama) 

Avvocato Immacolata T. Cecere
Criminologa
Esperta in Dinamiche Settarie, Satanismo, Crimini Violenti
Grafologa Forense
Coach e Counselor Bioetica
Presidente dell’A. P. S. – E.T.S. “Fermiconlemani”
Docente di Criminologia, diritto penale e diritto processuale penale

I CAPI E GLI ACCESSORI CHE NON SI DEVONO COMPRARE: SHOPPING INTELLIGENTE E SOSTENIBILE

La nostra responsabile progetto “Benessere ed Empowerment” e personal shopper “al contrario” vi svela cosa resistere alla febbre da saldi….

Le mie clienti mi hanno soprannominata “La Personal Shopper al contrario” e volete sapere perché?

Semplicemente perché il mio scopo non è far fare shopping senza motivo, ma ho un po’ la presunzione di insegnare a fare shopping solo se strettamente necessario e solo dopo aver analizzato accuratamente tutto l’armadio della cliente; infatti la mia esperienza mi ha insegnato che la maggior parte di noi donne ha praticamente tutto nell’armadio e solo in qualche caso bisogna integrare con capi specifici, spesso basici e classici che fungeranno da “collettori” con ciò che già si possiede.

E’ per questo motivo che oggi vi svelo quali sono i capi e gli accessori che non consiglio MAI di acquistare e spero vi sia di aiuto per fare del buon shopping in questo periodo di saldi:

CAPI SINTETICI: sono quelli che più spesso si trovano sul mercato perché sono meno cari, ma in questo caso è meglio non acquistarli per niente perché, lo abbiamo detto tante volte, non sono confortevoli, non durano che pochissimo tempo, non sono traspiranti e soprattutto inquinano notevolmente l’ambiente, perciò non acquistarli fa bene anche al nostro pianeta, oltre che a noi e al nostro portafoglio. Evitate poliestere, poliammide, elastam…. e optate per tessuti naturali: cotone, lino, seta, cashmire, lana….

CAPI IN SCONTO: non che consigli di non fare shopping nel periodo tanto atteso dei saldi, ma consiglio sempre di NON acquistare un capo SOLO perché è in saldo. Prima di acquistarlo bisogna: controllare l’etichetta ed assicurarsi che non sia composto per la maggior parte da fibre sintetiche e poi chiedersi: mi serve davvero? Posso abbinarlo ALMENO 3 volte in maniera diversa con il resto dei capi che ho nell’armadio? Se la risposta è NO anche ad una di queste domande: DESISTETE;

BIGIOTTERIA DI SCARSA QUALITA’: anche in questo caso è meglio evitare di spendere denaro per collanine, orecchini, anelli ecc che si rovinerebbero già al terzo utilizzo. Evitate la fast fashion anche se fa davvero gola e optate per pochi gioielli ma di buona qualità: che non si anneriscano e che non vi creino allergie. Come in tutto ciò che attiene alla moda: LESS IS MORE

OCCHIALI DA SOLE: eviterei di acquistare occhiali da sole della fast fashion perché le lenti sono di scarsissima qualità e potrebbero rovinarvi gli occhi; meglio averne solo 1 ma di ottima qualità.

Ottavia Ditroia

I CAPI E GLI ACCESSORI SUI QUALI E’ NECESSARIO INVESTIRE

Dopo la pausa natalizia riprende la rubrica più fashion del web a cura della nostra responsabile progetto “Benessere ed Empowerment”, esperta di moda e tendenze Ottavia Ditroia.

Chi mi conosce da un po’ sa’ che sono la PALADINA DEL BUON SPENDERE perché penso con convinzione che non sia necessario spendere un capitale per essere eleganti o per avere nell’armadio capi di qualità. La cosa importante, quando si parla di shopping, è essere brave a trovare il capo o l’accessorio di buona qualità al giusto prezzo. 

Ma cosa si intende per GIUSTO PREZZO?

Una Personal Shopper esperta lo sa: conosce i brand che bilanciano in modo corretto prezzo e qualità.

Perciò è necessario affidarsi alle sue mani sia per acquisti importanti che non.

Però una Personal Shopper esperta sa’ anche che ci sono capi ed accessori sui quali vale la pena investire qualche soldino in più con l’obiettivo di usarli per i prossimi anni a venire in quanto sono super classici e senza tempo e perché la qualità di cui sono fatti giustifica il loro prezzo.

Ve li elenco qui di seguito:

SCARPE:  comprare un bellissimo paio di scarpe e per giunta di ottima qualità, ha un valore maggiore di quanto possiate immaginare. Un paio di scarpe, anche non necessariamente di alta moda, ma perfetto dal punto di vista della fattura e del materiale e comodo potrebbe cambiarvi la vita e desiderare di calzare solo quello. Guardate bene la confezione e leggete di quali materiali sono composte le scarpe che state acquistando; controllate che la forma sia adatta al vostro piede, che abbia un plantare a cuscinetto che vi aiuti negli urti e siate molto attente nella scelta del tacco che deve essere adatto all’uso che ne volete fare;

CINTURA: il valore e l’importanza di una bella cintura è enorme perché è il pezzo che arricchisce in un attimo anche il più semplice degli outfit. Il fatto, poi, che sia di pelle vi permette di goderne il più a lungo possibile. Si può indossare all’infinito in tutte le stagioni e in modi molto diversi: con jeans, pantaloni e gonne, sui cappotti e sui blazer, sui maglioni oversize, sugli abiti…..la lista è davvero infinita. Di qui la necessità di spendere un po’ di più;

INTIMO: forse molte donne non lo considerano importante, ma indossare un intimo di qualità è sempre sinonimo di vestibilità perfetta. Non c’è niente di peggio che vedere antiestetiche righe o rigonfiamenti nelle zone del seno o nelle parti basse del corpo causate da un intimo di pessima qualità o di una taglia sbagliata. Pensate a come in un minuto si vanifica tutto il lavoro che avete fatto per mettere insieme il vostro ricercatissimo outfit!!!

JEANS: quante volte vi capita di non poter indossare quel paio di jeans che vi piaceva tanto perché si è rovinato dopo soli pochi lavaggi? Il motivo è sempre lo stesso: non avevate acquistato un capo di qualità e vi siete fatte INGANNARE dal modello che vi ha fatto distrarre dal guardare l’etichetta. Siccome il jeans è un capo indispensabile nell’armadio di ogni donna di qualsiasi età, non pensate che sia il caso di acquistarne al massimo un paio ma di ottima qualità e del modello che si adatti alla forma del vostro corpo? Questo vi consentirà di indossarlo per molti anni senza che si slabbri o si scolorisca. Anche in questo caso, evitate il poliestere, controllate le cuciture e la vestibilità intorno alla zona bacino e gambe;

BLAZER: che dire? E’ il mio capo preferito in assoluto, per me è una vera ossessione, nel mio armadio ne ho di tutti i colori (della mia palette, ovviamente!!!!!!) ma se non ne siete così pazze come me, sappiate che almeno un paio sono necessari per un armadio che si rispetti (uno bianco e uno nero). E’ il capo che si indossa in tutte le stagioni e per ogni occasione d’uso davvero, quindi è indispensabile investire un po’ di più per questo capo. Optate per modelli super classici, di ottima qualità (guardate sempre le etichette) e vestibilità e non dimenticate di guardare anche i bottoni che fanno una grossa differenza.

Ottavia Ditroia

Quell’accorato appello del vicario di Cristo al rispetto delle donne.

Il Prof. Michele Colasuonno, nostro responsabile dell’area psicologica, psicologo e teologo, riflette sul senso profondo del pesante monito del Sommo Pontefice contro la dilagante spirale di violenza ai danni delle donne.

Ogni società ha bisogno di accogliere il dono della donna, di ogni donna: di rispettarla, custodirla, valorizzarla, sapendo che chi ferisce una sola donna profana Dio, nato da donna.

Come teologo ancor prima che come psicologo, e socio dell’associazione FERMICONLEMANI, le parole pronunciate da papa Francesco, nell’omelia del 1 gennaio 2024, solennità della madre di Dio,  hanno lasciato un segno e un sapore amaro nel costatare che ancora oggi, nel 2024, in una società che si professa civilizzata, ci sia ancora bisogno di pronunciarli da parte di un papa (e da parte del presidente della repubblica Italiana, visto l’intervento anche da parte di Mattarella sullo stesso tema).

Ma le parole e parole del genere, sono semi, e come ogni seme ha bisogno di tempo per poter germogliare, in queste piccole considerazioni.

Sono due i punti, a mio avviso cruciali, dell’omelia, sulle quali vorrei porre l’attenzione, il primo:

“… Nella pienezza del tempo il Padre mandò il suo Figlio nato da donna; ma il testo di San Paolo aggiunge un secondo invio: «Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: “Abbà! Padre!”» (Gal 4,6). E anche nell’invio dello Spirito la Madre è protagonista: lo Spirito Santo comincia a posarsi su di lei nell’Annunciazione (cfr Lc 1,35), poi agli inizi della Chiesa discende sugli Apostoli riuniti in preghiera «con Maria, la Madre» (At 1,14). Così l’accoglienza di Maria ci ha portato i doni più grandi: lei ha «reso nostro fratello il Signore della maestà» (Tommaso da Celano, Vita seconda, CL, 198: FF 786) e ha permesso allo Spirito di gridare nei nostri cuori: “Abbà, Papà!”. La maternità di Maria è la via per incontrare la tenerezza paterna di Dio, la via più vicina, più diretta, più facile. Questo è lo stile di Dio: vicinanza, compassione e tenerezza. La Madre, infatti, ci conduce all’inizio e al cuore della fede, che non è una teoria o un impegno, ma un dono immenso, che ci fa figli amati, dimore dell’amore del Padre. Perciò accogliere nella propria vita la Madre non è una scelta di devozione, ma è un’esigenza di fede: «Se vogliamo essere cristiani, dobbiamo essere mariani» (S. Paolo VI, Omelia a Cagliari, 24 aprile 1970), cioè figli di Maria.”

Sè è vero che Grazie a Maria ci è stato permesso di essere Figli di Dio, e chiamare Dio Padre, ed essere Fratelli del Dio Figlio Gesù, è vero che ogni uomo deve ringraziare incessantemente una donna per la vita, è vero che per la generazione della vita abbiamo bisogno di un uomo e di una donna, ma la donna mamma permette il miracolo della vita, da due cellule, curate, custodite, coccolate, abbiamo la vita di ogni persona, abbiamo il miracolo davanti al quale lo stesso Creatore esclama “È cosa molto buona, è cosa meravigliosa” Gen. 1,31. È la donna mamma che per prima ci avvolge nelle sue braccia amorose, e che ci dona all’uomo padre perché il miracolo della crescita possa continuare come sottolinea Jacques Lacan.

 Secondo:

“Di Maria la Chiesa ha bisogno per riscoprire il proprio volto femminile: per assomigliare maggiormente a lei che, donna, Vergine e Madre, ne rappresenta il modello e la figura perfetta (cfr Lumen gentium, 63); per fare spazio alle donne ed essere generativa attraverso una pastorale fatta di cura e di sollecitudine, di pazienza e di coraggio materno. Ma anche il mondo ha bisogno di guardare alle madri e alle donne per trovare la pace, per uscire dalle spirali della violenza e dell’odio, e tornare ad avere sguardi umani e cuori che vedono. E ogni società ha bisogno di accogliere il dono della donna, di ogni donna: di rispettarla, custodirla, valorizzarla, sapendo che chi ferisce una sola donna profana Dio, nato da donna.”

Trovo poetiche e profetiche queste parole, urgenti come ogni respiro, dolci come il miele ma taglienti come una lama, sì abbiamo bisogno di riscoprire in ognuno di noi il volto femminile, quel femminile che più e prima di ogni altro femminile può spaventare in un mondo dove vince il più forte e mette fuori con le unghie e con i denti la forza e la violenza, più che l’accoglienza e la pazienza. William Sloane Coffin scrive:  “La donna che più deve essere liberata è la donna che vive in ogni uomo”. 

Jung definisce l’animus come il lato maschile di una donna, e l’anima come il lato femminile di un uomo proiettati inconsciamente sulle persone dell’altro sesso, passaggio essenziale per riconoscere e conoscersi il proprio e l’altrui valore, in fondo la prima vittima del carnefice spessissimo è il carnefice stesso con le sue paure e le proprie zone d’ombra.

Concludo con un passo del Talmud che ben sintetizza quanto detto fin ora, e amplia all’infinito del respiro della Sapienza:

“La donna è uscita dalla costola dell’uomo,
non dai piedi perchè dovesse essere calpestata (sottomessa),
né dalla testa per essere superiore (per dominarlo),
ma dal fianco per essere uguale (al suo fianco).
un po’ più in basso del braccio per essere protetta
e dal lato del cuore per essere amata.”

Michele Colasuonno

COSA DOVREBBERO INDOSSARE  LE DONNE “TUTTE CURVE” PER VALORIZZARSI

Le forme non sono un limite per chi vuole essere fashion e vestire con gusto. La prova in questo vademecum della nostra responsabile progetto “Benessere ed Empowerment”, esperta di moda e personal shopper Ottavia Ditroia.

La bellezza e lo stile non riguardano affatto la TAGLIA. La bellezza di una donna, lo abbiamo detto tante volte, è un complesso insieme di fattori fisici e non che la rendono unica. Ogni donna è bella in modo diverso anche con i suoi “punti critici “.

Quindi la TAGLIA non deve condizionare in alcun modo la scelta dell’outfit.

Ciò che dovrebbe fare invece una donna è IMPARARE A VALORIZZARSI, perché è l’unico modo per apprezzarsi, volersi bene e trasformare i difetti in punti di forza smettendola di piangersi addosso.

Ecco perciò un elenco di capi che una donna con le curve dovrebbe provare per sentirsi subito più bella:

VESTITO A PORTAFOGLIO: è il vestito comodo per eccellenza perché non fascia, rimane morbido sui fianchi, si può regolare a proprio piacimento e regala soprattutto alla donna con un seno generoso una scollatura che scopre in modo chic; consiglio solo di evitare il jersey e la maglina perché segnano molto;

CARDIGAN: è un valido alleato se si vogliono indossare gonne tubino o pantaloni/jeans skinny e non si vogliono mettere in evidenza fianchi o lato B perché allunga otticamente la figura soprattutto se lasciato aperto;

TAILLEUR: il tailleur giacca e pantaloni sono fenomenali per segnare il punto vita e slanciare. Da indossare sia in ufficio che per occasioni più formali devono essere scelti in modo accurato. La lunghezza della giacca deve coprire il lato B e mai tagliarlo; deve avere dei tagli che seguono la figura soprattutto sul punto vita; il pantalone non deve mai fasciare la gamba ma deve rimanere morbido; meglio scegliere il pantalone palazzo;

CINTURA IN VITA: segnare il punto vita anche quando questo non lo è particolarmente è la chiave del successo di ogni outfit; usate la cintura non solo su gonne e pantaloni, ma anche su camicie, cardigan, blazer e perfino cappotti;

GONNA PLISSE’: è utile perché si appoggia sempre delicatamente sui fianchi senza mai segnarli come farebbe per esempio una gonna tubino. Per un effetto WOW, abbinatela ad una semplicissima camicia bianca e cintura in vita;

MAXI DRESS; sono morbidi, fluttuanti e, se non si amano particolarmente i propri polpacci o la proprie caviglie, sono ciò che fa per voi. Ci sono modelli sia estivi che invernali: in estate si indossano con qualsiasi tacco o con le sneackers, in inverno con stivali col tacco o senza. Nella stagione fredda, poi, sono il capo perfetto per stratificare;

PANTALONI PALAZZO: lo abbiamo già detto tante volte che donano davvero a tutte e regalano charme ed eleganza anche al più semplice degli outfit; poi non si attaccano alle gambe regalando infinita libertà di movimento. Un consiglio in più: sceglieteli a tinta unita perché le stampe, soprattutto quelle molto vistose, aumentano otticamente i volumi;

TOP O CAMICIE DAL TAGLIO PEPLUM: è un altro modo per segnare il punto vita e per nascondere la pancetta. Da indossare su gonne tubino o pantaloni sigaretta;

JUMPSUIT: chic senza sforzi, risolve tutti i dubbi di abbinamento. Se scelta in base alla forma del proprio corpo, regala centimetri SOLO in altezza. Anche in questo caso, eviterei stampe molto vistose e ne sceglierei una con cintura in vita.

Ottavia Ditroia

Giulia è morta. Uccisa di chi diceva di amrla.

Ieri si sarebbe laureata e invece giaceva sul fondo di un lago morta ammazzata.

Giulia Cecchettin è morta. È stato trovato ieri il corpo della 22enne sparita da una settimana insieme all’ex fidanzato, Filippo Turetta, ricercato e indagato per omicidio. Il cadavere della ragazza era nei pressi del lago di Barcis, in provincia di Pordenone, con addosso i vestiti che aveva al momento della scomparsa una settimana fa. 

Secondo la ricostruzione fatta dalla polizia, Filippo l’ha abbandonata al bordo della strada e l’ha lasciata rotolare lungo un dirupo per una cinquantina di metri, fino a quando il corpo di Giulia si è fermato in un canalone. 

Su Turetta pende un mandato d’arresto europeo firmato dalla Procura di Venezia. Ora si cerca l’auto, che è stata avvistata l’ultima volta a Linz (Austria), in Tirolo, domenica – e non mercoledì come era stato precedentemente detto. 

Giulia è la 105esima donna ad essere uccisa nel 2023. Filippo, il suo assassino, è stato definito da più parti “il classico bravo ragazzo”.

Un fenomeno complesso e multidimensionale che va sotto il nome di “teen dating violence” (TDV), una sigla per indicare fenomeni di violenza e/o molestia nelle relazioni sentimentali tra adolescenti si sta diffondendo ampiamente anche in Italia. La TDV comprende qualsiasi forma di abuso, sia fisico sia emotivo o sessuale, che si verifica in una relazione romantica durante l’adolescenza.

Studi recenti hanno esplorato la TDV applicando a una ricerca condotta su adolescenti il concetto di sessismo ambivalente, concetto già indagato per il tema più generale della violenza di genere tra gli adulti. Che cos’è lo diciamo parlando delle due forme principali – ecco perché si chiama ambivalente – con cui si manifesta e viene indagato: il sessismo ostile e il sessismo benevolo.

Il sessismo ostile è caratterizzato da atteggiamenti negativi e apertamente aggressivi nei confronti delle donne. Include le credenze che le donne siano inferiori agli uomini, che abbiano intenzioni manipolatrici o che siano in qualche modo meno capaci. Questo tipo di sessismo è più diretto e facilmente riconoscibile come discriminatorio. Il sessismo benevolo è più subdolo e mascherato da atteggiamenti positivi, si basa su idee stereotipate di protezione, idealizzazione e romantizzazione delle donne. Questa forma può sembrare lusinghiera in superficie, ma in realtà è persino più grave di quello ostile, in quanto di fatto perpetua la dipendenza e l’inferiorità delle donne, posizionandole in ruoli tradizionali e limitativi, e agisce potentemente sulle ragazze stesse.

Gli studi hanno mostrato come entrambe le forme di sessismo hanno un impatto significativo sul comportamento e le percezioni degli adolescenti. In particolare: gli adolescenti maschi possono essere maggiormente influenzati dal sessismo ostile. Questo può portare a giustificare comportamenti di controllo o aggressivi nei confronti delle ragazze, vedendo le relazioni attraverso una lente di potere e dominio. Il sessismo ostile può anche condurre alla normalizzazione della violenza e a un’errata interpretazione del consenso nelle relazioni romantiche. Dall’altro lato, per le ragazze, il sessismo benevolo può essere più insidioso. Esso può influenzare la loro autopercezione e il modo in cui accettano il trattamento da parte dei partner maschili. Le ragazze possono arrivare a giustificare comportamenti controllanti o limitativi come segni di “cura” o “attenzione”, accettando e normalizzando così dinamiche relazionali sbilanciate.

Capite bene come la conoscenza del fenomeno è cruciale per qualunque tipo di intervento che voglia affrontare la violenza di genere tra gli adolescenti. Ciò implica un lavoro specifico nell’educare i giovani all’uguaglianza di genere, al rispetto reciproco e alla costruzione di relazioni basate su principi di consenso e parità.

Da anni la nostra associazione sperimenta sul campo l’efficacia di interventi educativi mirati a contrastare il sessismo tra gli adolescenti, sperimentando come i programmi scolastici e specifiche metodologie educative possano svolgere un ruolo chiave nella prevenzione e nel contrasto della violenza e degli stereotipi di genere.

Molti adolescenti sono regolarmente esposti a varie forme di violenza di genere, sia fisica che virtuale. Tuttavia, uno degli aspetti più preoccupanti è la difficoltà che questi incontrano nel riconoscere la violenza di genere come tale, in un’età in cui le relazioni interpersonali iniziano a diventare più complesse. Inoltre, gli stereotipi di genere radicati e le norme sociali possono offuscare la percezione di ciò che è accettabile e ciò che non lo è in una relazione, conducendo a una normalizzazione di comportamenti che, in realtà, sono abusivi o discriminatori.

È dunque essenziale che le scuole, le famiglie e le comunità lavorino insieme per fornire ai giovani le competenze e le conoscenze necessarie per identificare e contrastare la violenza di genere. Questo implica non solo l’educazione sui diversi tipi di violenza e sui loro segnali di allarme, ma anche la promozione di un dialogo aperto e onesto sul rispetto reciproco, sul consenso e sulle relazioni sane, sempre che le scuole, le famiglie e le comunità siano preparate a farlo; e qui entra in campo la necessità di formare e informare gli adulti di riferimento, soprattutto gli educatori, sui temi di cui stiamo trattando.

Fermiconlemani continuerà instancabilmente a battersi affinché vi sia un’attenzione più profonda e strutturale su questi aspetti, che raccolga le indicazioni normative europee, attraverso azioni educative e di prevenzione che vadano oltre la stupida e insostenibile vulgata “no gender o si gender” che ormai è una caricatura a uso di una popolazione per lo più disinformata, compresi gli operatori del settore.

Lo dobbiamo a Giulia Cecchettin, che ieri si sarebbe laureata e invece giaceva nel fondo di un lago morta ammazzata, lo dobbiamo a tutte le donne oggetto di violenza, lo dobbiamo affinché non accada più -e non è un’utopia-, ma lo dobbiamo anche ai Filippo Turretta -che sarà condannato e sconterà la sua pena-, affinché ve ne siano sempre meno.

Le cose possono, potevano e potrebbero andare diversamente se tutti assieme decidessimo di costruire una società differente.

Possiamo anche credere che Turretta sia un tipo tranquillo e non violento, come sostengono i suoi genitori, ma non c’entra nulla con quel che è accaduto, perché la violenza di genere investe meccanismi profondi, meccanismi di mascolinità dannosa introiettata. Filippo le voleva bene? In modo malato sì. La diciamo meglio: in modo stereotipato, un modo apparentemente normale ma che normale non è, perché trattasi di mascolinità dannosa; e a leggere i dati, ahimè, comune a troppi adolescenti e adulti. Trattasi di quella coltura-cultura che è la base della cosiddetta piramide della violenza ed è esattamente quella che dobbiamo smontare e polverizzare.

Prof. Pierfrancesco Impedovo, PhD

Cambiare le narrazioni per cambiare il mondo

Il delicato ruolo dei media nel racconto della violenza

É stato un raptus dopo l’ennesimo litigio”… “l’ho uccisa per gelosia”… “lui lavorava, lei stava dalla mattina alla sera al telefonino”…

Capita spesso di leggere o ascoltare nei media frasi e titoli come quelli succitati. “Un assassino – racconta l’avvocata Tiziana Cecere presidentessa dell’associazione antiviolenza Fermiconlemani, in un noto caso di cronaca di cui mi sono occupata, quello del brutale assassinio della giovanissima Noemi Durini, veniva chiamato ‘fidanzatino’ su tutti i giornali. Le vittime di violenza spesso vengono violentate una seconda volta”.

Con queste parole tonanti l’avvocata ci spiega il fenomeno della vittimizzazione secondaria delle donne. Cioè, le conseguenze dei titoli o racconti sbagliati: i media, alla stregua di tribunali, forze di polizia, assistenti sociali, possono rendere di nuovo vittima la donna, sbagliando terminologia, angolo di visuale, titolo, fotografia, associazioni o contestualizzazione.  

L’errore più comune è guardare al caso ancora troppo dal punto di vista di lui, citando giustificazioni che diventano moventi. E’ invece auspicabile nei casi di violenza adottare il punto di vista della vittima, in modo da ridarle la dignità e l’umanità che, in una cronaca quasi sempre morbosamente centrata sulla personalità dell’omicida, sono spesso perdute. Si parla ancora di raptus nei femminicidi e si cerca l’empatia col carnefice.Purtroppo da inizio anno si contano oltre 10 femminicidi al ritmo di uno ogni 3-5 giorni. In molti casi si sente spesso parlare di “raptus di follia” senta tenere in considerazione che a livello scientifico il raptus è riconosciuto solo nel 5% dei casi di femminicidio, nella maggioranza dei casi il delitto è figlio di una cultura patriarcale ben radicata. A volte la narrazione segue  lo schema secondo il quale  il carnefice era buono, poi arriva il fulmine a ciel sereno e lui ammazza la donna.  In altre circostanze  la ricostruzione della violenza spinge all’empatia verso quel pover’uomo che una donna egoista ha deciso di abbandonare. La vittima viene raccontata come una donna che si separa, toglie i figli al marito, i soldi, la casa. Il punto di vista, insomma, è quello dell’assassino.Il problema è culturale, affonda le radici in quella società patriarcale che è il terreno fertile della violenza. La soluzione si trova in un lungo lavoro di formazione: formazione a tutti i livelli e gradi; a volte, anche professionisti avveduti cascano nell’errore di condividere, senza usare filtri, stereotipi che provengono dal racconto di polizia, carabinieri, magistrati o altre categorie.Per tutte queste ragioni la chiave sta sempre nella formazione di tutte le categorie professionali che vengono a contatto con le vittime. Ed in questo senso la mia associazione, nell’ambito di un nuovo ed ambizioso progetto che vedrà schierate professionalità di altissima specializzazione di cui disponiamo, a breve offrirà percorsi formativi specifici per tutte le categorie coinvolte nel delicato alveo della prevenzione, del supporto ma anche della cronaca delle fenomenologie devianti.La violenza contro le donne, i bambini ed altre vittime vulnerabili pone questioni sociali, sanitarie e giuridiche che vanno affrontate da operatori esperti e qualificati. Il saper riconoscere, ascoltare, proteggere e curare le vittime di violenze richiede, infatti, una preparazione professionale specifica, al passo con le evoluzioni sociologiche del fenomeno e con gli strumenti di contrasto e di tutela che ne conseguono. È anche necessario che gli operatori possano sviluppare un know how attraverso il quale concorrere alle strategie di prevenzione primaria della violenza (e anche il racconto mediatico concorre a ciò), divenendo attori protagonisti della gestione complessiva del fenomeno. Un simile approccio richiede quindi di superare valutazioni e soluzioni semplicistiche che rischiano di adombrare la complessità del fenomeno e di suggerirne rimedi inadatti”.

Il team di Fermiconlemani