A cura del nostro socio fondatore Dott. Marco Magliozzi, psicologo-psicoterapeuta, esperto in criminologia.
Nello specifico, due ore su sei sono dedicate all’utilizzo dei social network, come Facebook, Instagram, TikTok.
La matematica vuole quindi che il 12,5% della nostra vita sia virtuale, un tempo enorme dedicato esclusivamente a costruire un’immagine di sé, un alter ego, molto spesso, lontano dalla realtà e da chi siamo veramente.
La legge dell’apparenza
Volente o nolente, il mondo online, e nello specifico i social, hanno alimentato la legge dell’apparenza: le persone tendono a voler apparire migliori (o addirittura diverse) da come sono nella realtà.
Molti conoscono la serie televisiva Black Mirror, nella quale ogni puntata è ambientata in un futuro alternativo e distopico.
Nella puntata dal titolo “Caduta libera”, assistiamo a un mondo nel quale vige la legge della reputazione social: più una persona è popolare e ottiene like, più vantaggi e benefici avrà a livello sociale, come la possibilità di vivere in quartieri altolocati, acquistare auto di lusso, cenare in ristoranti stellati.
Una società, quindi, totalmente ossessionata dal giudizio esterno e nella quale gli altri hanno pieno potere sulle vite di altre persone. Con un solo like posso creare o distruggere la felicità del prossimo.
Un mondo nel quale vige la legge dell’apparenza, del finto complimento e dell’approvazione fine a sé stessa. Essere spontanei diventa un pericolo ed è quindi molto meglio fingere di essere qualcun altro, indossando una maschera.
Non è forse quello che, talvolta, accade nella nostra società attuale?
I social odierni, infatti, strumentalizzano la fidelizzazione dell’utente attraverso la gratificazione che passa attraverso l’uso dei like.
Questo sistema rafforza, proprio a livello biochimico cerebrale, il comportamento della persona: pubblicare foto e video, ottenendo in cambio dei like, diventa quindi un modo per accrescere la propria idea di sé stessi e la propria autostima, creando nel tempo una vera e propria dipendenza psico-fisiologica.
L’altro lato della medaglia è, purtroppo, che tutto ciò avviene solo virtualmente, in un mondo inesistente che potrebbe crollare da un momento all’altro.
La selfie dismorfia
Non solo like, ma anche selfie. I social sono il regno dei selfie, le foto scattate di sé stessi in primo piano, che simboleggiano la “perfezione” del momento, nascondendo difetti ed esaltando (o addirittura trasformando) i nostri pregi.
Gli esperti hanno però notato anche dei pericoli: si parla in questo caso di selfie dismorfia, ovvero una vera e propria ossessione per il selfie, che DEVE essere obbligatoriamente perfetto, onde evitare giudizi esterni o qualsivoglia critica.
La foto scattata diviene un biglietto da visita che deve essere inattaccabile e fonte di attrazione.
Ecco che, quindi, la spasmodica attenzione verso la perfezione potrebbe dare vita a un susseguirsi di comportamenti che, talvolta, si avvicinano al bizzarro:
- ripetere una foto anche decine di volte, senza mai essere soddisfatti del risultato;
- lamentarsi dell’amico/partner che scatta la foto perché secondo noi non è bravo/capace;
- lamentarsi dei propri difetti che, sempre secondo noi, la foto mette in risalto;
- focalizzarsi su alcuni difetti specifici, ad esempio: “ma che nasone che ho”, “no, questa foto no! Si vede che ho la pancia!”, “oddio che brutta foto, si vedono i fianchi grossi”.
- preoccuparsi di quello che potrebbero pensare gli altri non appena guarderanno la foto pubblicata;
- usare filtri che modificano, fino a rendere innaturale la foto, come ad esempio ringiovanire la pelle, ritoccare colore/luminosità ecc., cambiare il colore degli occhi e così via.
Non solo: la reiterazione di questo comportamento ossessivo rischia anche di trasformare, in negativo, la propria idea di sé stessi, generando una percezione falsata del proprio corpo, divenendo sempre più insofferenti e ipersensibili al giudizio esterno, diminuendo l’autostima e divenendo dipendenti dai complimenti degli altri.
L’importanza della prevenzione e dell’educazione
L’adolescenza, ovvero il periodo della vita nel quale si entra a piè pari nel mondo social, è il momento giusto per poter fare prevenzione, sensibilizzando e informando i ragazzi sull’uso corretto della tecnologia.
Il messaggio importantissimo da inviare riguarda l’attenzione verso il mondo reale, sottolineando il concetto che i social sono soltanto una finestra virtuale, che non rispecchia assolutamente ciò che siamo veramente.
Tutte le critiche (o i complimenti) ricevuti online andrebbero sempre ridimensionati.
Troppe volte, ahimè, abbiamo assistito a tragedie, come ad esempio suicidi, dovuti all’impossibilità di sopportare la vergogna del giudizio social.
In ragazzi nei quali l’autostima è alta e il senso di sé non intaccato dal mondo online, questo non sarebbe accaduto.
Dott. Marco Magliozzi